Il gesto programmato
Comune di Roccafranca
ex-Sala Consiliare
Roccafranca (BS)
2 – 10 maggio 2015
[…] Vanna Nicolotti opera una progressiva sintetizzazione della materia pittorica, fino ad eliminare colori e forme: siamo al monocromo, la tela come luce, tensione di colore puro che si stende libera, delimita una sezione sensibile di spazio. E se alcuni artisti decidono di tendere la tela monocroma, trapuntarla come a rendere evidente la pulsazione del continuum spazio-tempo, Vanna Nicolotti decide di tagliarla. Il taglio primordiale di Fontana viene addomesticato, trattato con perizia geometrica. Si moltiplica, si organizza creando un nuovo vocabolario di forme, che non cercano una nuova rappresentazione sulla tela, ormai superflua, ma la rendono una zona sensibile in cui la superficie bidimensionale diventa tridimensionale. Il quadro non è più una finestra di finzione, è lo spazio stesso, nel suo organizzarsi ritmico e per piani sovrapposti; l’opera è diventata un quadro-oggetto, come li definisce per primo Gillo Dorfles[1]. Nella sua pratica Vanna Nicolotti non ha mai rinunciato alla proporzione classica, alla costruzione della composizione secondo il quadrato aureo e altre forme geometriche armoniche. Il riferimento è alla scuola di Pitagora, ritmo e proporzione per indagare le dimensioni dell’universo e della natura umana, numero e serie come manifestazioni spirituali prima che scientifiche.
Ma come ha intuito chiaramente Pierre Restany, scrivendo del lavoro di Vanna Nicolotti[2], questi quadri-oggetto sono strumenti critici per la visione, vi è sì una armonia, ma il loro rapportarsi con lo spettatore passa per il mistero della percezione. La tensione sta nel fatto che queste opere sono apparentemente calme e inoffensive, trapuntate di intagli così rigorosi da essere muti, eppure proprio la serialità di queste forme, e il gioco di ombre-luci, pieni-vuoti e della molteplicità di piani attiva una trappola per lo sguardo. Cosa si nasconde dietro queste membrane percettive, queste soglie dimensionali? Una possibilità spaziale infinita: a volte si incontra un fondo metallico, speculare, che moltiplica di nuovo i piani, che ribadisce che da vedere non c’è nulla: si produce un’oggettivazione dello sguardo, ciò che si sta contemplando è l’atto stesso del vedere. “Il cammino fra il significante ed il significato è percorso nel modo più «pulito» possibile, passando dallo stimolo agente sulla visione al funzionamento del processo percettivo, dalla registrazione mentale dell’informazione percepita al campo recondito e mutevole della valutazione soggettiva” scriveva Vicente Aguilera Cerni.[3] […]
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[1] Gillo Dorfles, Ultime tendenze dell’arte oggi: dall’informale al neo-oggettuale, Feltrinelli, 2001.
[2] Pierre Restany, testo per la personale di Vanna Nicolotti alla First National City Bank, Milano, 1971.
[3] Vicente Aguilera Cerni, testo per la personale di Vanna Nicolotti al Museo di Valencia, Spagna, Sala C.I.T.E., 1970.
Alessandro Azzoni
dal testo di presentazione della mostra
inaugurazione sabato 2 maggio 18.00
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